Strada Carrara
LA PICCIONAIA – I CARRARA
STRADA CARRARA
Tavole di un teatro viaggiante
un progetto di Laura Curino, Titino Carrara, Federico Bertozzi
con Titino Carrara
regia Laura Curino
assistente alla regia Miriam Marini
con la collaborazione alle musiche di Roberto Tarasco
produzione La Piccionaia – I Carrara, Teatro Stabile di Innovazione
Titino Carrara ci fa entrare nella sua infanzia di girovago, nella memoria di una delle ultime famiglie d’arte ancora attive del nostro paese: I Carrara. Si tratta del racconto di un’esistenza nomade e zingara, lontana dagli schemi borghesi ai quali la nostra società ha teso dal dopoguerra ai giorni nostri.
Un soggetto che affronta il tema della diversità, rivelando un tessuto sociale, appartenuto alla storia italiana, fatto di carovane e teatri mobili, espedienti e repertori teatrali sconfinati, recitati a volte all’impronta e misurati sull’esigenza e il gusto estemporaneo della piazza. Gusto dal quale è dipesa la reale sopravvivenza di una famiglia, che ha fondato nell’arte l’unica possibilità di sostentamento.
Debutto: Milano, Spazio U.F.O. Ultima Frontiera Otto, 12 dicembre 2006.
NOTE D’AUTORE
“È una storia raccontata con gli occhi di un bambino “diverso”, figlio di attori nomadi, commedianti da 10 generazioni. È una storia di carovane con le ruote di gomma piena e di attori che smontano e rimontano il teatro sulle “piazze”. È una storia di sacrifici, burlette atroci, improvvisazioni ed illusioni che svaniscono al “calar della tela”. Questa storia l’ho vissuta in prima persona e tutto quello che racconto è assolutamente vero, anche se, alle volte ai limiti della credibilità. Scene madri, burlette, lazzi, tirate, intoppi imbarazzanti gestiti con candida impudenza… tutti fatti talmente reali da non sembrare credibili: pare invece che appartengano più alle pagine dei copioni, molte volte canovacci, che gli attori mettevano in scena tutte le sere sulle tavole del loro palcoscenico, dove “principali” e “fondali” dipinti a mano su carta venivano sfondati da oggetti che il pubblico, anche troppo partecipe, lanciava al “generico primario”, solitamente il “cattivo” della situazione. Storie di un pubblico che si guadagnava lo spettacolo facendo chilometri a piedi, passando per i campi in inverno, con le lanterne accese in mano disegnando nella notte serpenti di luce. Oggi ci sono nuovi personaggi, costumi, trucchi, ma il cuore, l’essenza necessaria del “fare teatro” rimane sempre la stessa: il riflesso di una fiamma negli occhi di chi il teatro lo fa vivere e il teatro, si sa, vive solo se brucia”.
Titino Carrara