Una stanza tutta per me
FONDAZIONE DEL TEATRO STABILE DI TORINO
UNA STANZA TUTTA PER ME
ovvero: se Shakespeare avesse avuto una sorella
liberamente ispirato a Virginia Woolf
di Laura Curino
in collaborazione con Michela Marelli
ricerche bibliografiche Luca Scarlini
con Laura Curino
regia Claudia Sorace
progetto Roberto Tarasco
abito di scena Sartoria Bassani
ricerche ed elaborazioni immagini Eleonora Diana
produzione Teatro Stabile di Torino
Di cosa avrebbe avuto bisogno la sorella di Shakespeare per poter scrivere? Di cinquecento sterline di rendita e una stanza tutta per sé. Perché le donne sono sempre state uno specchio prezioso nella galleria della poesia maschile: splendenti, sì, ma solo di riflesso. La loro realtà è rimasta sepolta, senza voce per raccontarsi. Ma è tempo che quelle stanze da prigioni diventino una proprietà, che la donna si riprenda la propria parola e il proprio nome. Lo diceva Virginia Woolf nel 1929 in Una stanza tutta per sé, libro coraggioso che ha aperto prospettive nuove e stimolanti sulla condizione femminile. Partendo da queste riflessioni, Laura Curino ha deciso di portare in scena un tragicomico viaggio immaginario nella vita di un’ipotetica “sorella minore” di Shakespeare. Così, con le parole di Judith Shakespeare, ma soprattutto attraverso le storie private origliate dalla cameriera Nelly, i discorsi della signora Seton, di Chloe e Olivia, saltiamo di epoca in epoca, arrivando a percepire ciò che non è mai stato detto dalle donne, il corpo del silenzio. Uno spettacolo affascinante, che apre con leggerezza innumerevoli riflessioni, parlando a tutti coloro che cercano qualcosa di diverso rispetto ai soliti, rassicuranti luoghi comuni.
Debutto: Settimo Torinese, GarybaldiTeatro, 1 febbraio 2005.
INTERVISTA ALL’AUTRICE
Un nuovo viaggio, nel mondo di Virginia Woolf: come si sta preparando?
Mi piace pensare ad Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf, perché attorno a quel libro si raccolgono infinite suggestioni. Rimanda al fantastico Circolo Bloomsbury e alle storie “private” di una donna straordinaria come era la Woolf. E questo “viaggio” mi fa anche pensare ad una prospettiva singolare: ossia di dar voce alla cameriera Nelly, che ascolta tutti i discorsi del gruppo di Bloomsbury. Insomma, un guardare dal buco della serratura, far parlare personaggi decisamente “minori”, come accadde per Affinità elettive, anni fa: e l’idea di raccontare la Woolf mi affascina…
Ma quel che mi interessa è If Shakespeare had a sister. Ovvero quel che Virginia Woolf inventa con Una stanza tutta per sé. Se Shakespeare avesse avuto una sorella: una prospettiva dirompente e divertente, un’idea, comunque, che apre a numerose riflessioni.
Quali?
Mi piacerebbe indagare sul fatto che, oggi, tutte le famiglie mandano i propri figli a fare danza, musica, arte… Ma quando poi i ragazzi vogliono continuare, fare sul serio, iscriversi al conservatorio, fare l’accademia, proseguire il loro cammino nell’arte, tutti si scandalizzano e i giovani non trovano spazi o sostanze per mettersi al lavoro. Allora, per la Woolf questo era un problema tutto “al femminile”, riservato alle “sorelle” minori di Shakespeare: ma oggi la questione è decisamente più diffusa e più sottile. Voglio lavorare proprio su questo: la sorella di Shakespeare finisce suicida, perché non può esprimere la sua arte. Oggi vale per tutti i ragazzi, per tutti quelli che semplicemente hanno delle idee, che vogliono esprimersi e invece finiscono per “suicidare” se non se stessi, le proprie forze.
E dunque come affronterà questo testo?
Potrei imparare a memoria la conferenza fatta da Virginia Woolf, che rispondeva così alla domanda “Perché non ci sono grandi scrittrici ma ci sono grandi autori”. E lei risponde cominciando a parlare di cibo: descrive un pranzo in un college di maschi e uno in un college di femmine.
Ma non mi interessa tanto la chiave di lettura femminista: nei laboratori che faccio spesso con giovani attori, uso spesso Una stanza tutta per sé come materiale di lavoro e vedo che i ragazzi ne traggono grande forza. Non è solo questione di maschile e femminile, dunque, ma il tema affrontato dalla Woolf coinvolge tutti coloro che hanno qualcosa da dire, che hanno voglia di fare qualcosa di diverso rispetto a quello che correntemente si pratica. E un artista, allora, deve intervenire, deve poter parlare, deve comunicare un sentimento: e il sentimento, in questo caso, è qualcosa che suona come un ostacolo, un: «ma non si può più al giorno d’oggi, non è più tempo». E invece vorrei dire che, come sempre, non è questione di tempo, ma di spazio e di sostegno, non solo economico. E mi piacerebbe partire dalle stanze degli artisti: vorrei coinvolgere musei e fondazioni, per farmi dare immagini delle stanze d’artista. Voglio mostrare come sono le stanze in cui vive e crea un artista, stanze piene di forza: stanze tutte per sé…